ALMANACCO ROCK

Buon Compleanno George

Appartenere ad una band è come vivere un’intensa storia d’amore e la rottura del gruppo lascia postumi non differenti da quelli di un divorzio; dopo lo scioglimento dei Beatles tutti e quattro gli ex componenti soffrirono di invidiosi confronti tra loro e di quello che erano stati, ma fu Harrison che trovò più difficile fare i conti con l’ansia che comportava essere un ex di quella che viene considerata la più influente band della storia.

Il gruppo non era mai stato veicolo “dignitoso” per le sue canzoni quanto lo era stato per quello del duo Lennon-McCartney. Eppure sulla fine della mitica avventura del gruppo di Liverpool, il suo materiale era buono, se non addirittura il migliore, come dimostrato da “Something” e “Here Comes the sun” dell’Album Abbey Road: probabilmente se le avesse tenute per sé avrebbero significato un esordio da solista più che magnifico. Proprio grazie a queste sue credenziali crebbe l’interesse intorno alla produzione di George dopo Beatles. Oggi festeggiamo il compleanno di un mito della musica, di un grande dei Fab Four.

La sua carriera fantastica con i Beatles e successivamente da solista è una e vera propria gemma incastonata nello straordinario universo rock.

“All Things must pass” un triplo album è il suo primo lavoro da solista: la copertina è geniale e sarcastica, George appare circondato da quattro gnomi di gesso, a mò di Beatles, che lo guardano. Due degli album sono pieni di pezzi accumulati negli ultimi anni, mentre il terzo è un’indulgenza da rockstar; una serie di monotoni accordi suonati da famosi musicisti sotto l’effetto di droghe, dal titolo “Apple Jam”.

Il grande successo arriva con il testo scritto da Bob Dylan e musicato da Harrison di “ I’d have you anytime “ che apre l’album, mentre la dolorosa ed emozionante “ Isn’t it a pity” appare come una canzone più bilanciata e scanzonata, così come l’allegra “ Wah wah”, scritta dopo una discussione con Paul McCartney.

Il top giunge però con “My sweet lord” che nel 1971 arriva ai primi posti ovunque. Sulla scorta del successo  e convinto dalle preoccupazioni di Maharishi per il popolo del Bangladesh, George decide di organizzare due grandi concerti al Madison Square Garden di New York, allo scopo di raccogliere fondi.

Nel 1974 Harrison decide di proporre un tour negli Usa e in Canada: la serie di concerti fa il tutto esaurito, ma George cade nello sconforto. Harrison promuove sul palco il culto di Khrishna, ma il pubblico non approva questa svolta “spirituale”, preferendolo nella veste più commerciale di cantante.

Sempre nel 1974 incide l’Album “Dark Horse”. Al progetto partecipa anche Eric Clapton. Ancora tristezze e depressione nel 1975 nell’ album “ Extra texture”,mentre nel 1977 un piccolo passo avanti con l’album” 33 1/3”. Nel 1978 l’ingresso nel mondo del cinema come produttore: Harrison fonda infatti “Hand Made” per produrre il secondo film dei Monthy Phyton”, un gruppetto di talenti comici, trasgressivi e demenziali “Life of Brian”. In questa veste continuerà per tutti gli anni ottanta arrivando anche al fiasco di “Shangai surprise” con Madonna.

George continua comunque a fare musica: “Somewhere in England” nel 1981, gli procura dopo otto anni, il suo primo singolo in classifica con “All those years ago”, un sentito tributo a John Lennon da poco assassinato. “ Gone troppo”, del 1982, si dimostrerà invece un altro passo falso e bisognerà aspettare il 1987 quando con l’Album “Cloud Nine” tornerà al successo, attraverso un esperimento bilanciato tra malinconia e felice rock n’roll.

Nel 1989, il termine del secondo decennio di carriera individuale fu onorato con la pubblicazione di un’antologia, “Best of Dark Horse 1976-1989”, che raccoglie i brani più importanti del periodo e include due canzoni nuove.

I suoi anni novanta sono anni di collaborazioni, come quella storica e consolidata con Clapton, ma anche di fallimenti personali e professionali: nel 1994, a causa di problemi finanziari, Harrison fu costretto a vendere la casa cinematografica. La spiacevole vicenda portò con sé strascichi legali destinati a durare a lungo.

Nel 1995 lavorò alla compilazione di “In Celebration”, un box antologico di Ravi Shankar. Nelle note di copertina del cofanetto ebbe il privilegio di essere definito il vero fautore della world music. Lavorò poi alla produzione di “Chants of India”( 1997) un nuovo album di studio del musicista indiano.

Nel 2000 (anno precedente alla sua morte) Harrison curò personalmente la realizzazione di un’edizione rimasterizzata del celebre album “All Things Must Pass”, pubblicata all’inizio del 2001, nella quale tra l’altro aggiunse “My Sweet Lord 2000”, una nuova versione di “My Sweet Lord”. Harrison annunciò inoltre l’imminente pubblicazione di un nuovo album unitamente a un box antologico con nuove ristampe degli album del catalogo “Dark Horse Records”.

Auguri George, animo malinconico e meditativo, spirito di un rock vero ed autentico.

Testo di Giuseppe Frascella