ALMANACCO ROCK

Buon Compleanno Pino

All’interno di quella che fu definita la “nuova canzone napoletana”, Pino Daniele è stato un artista straordinario per più di un motivo. Innanzitutto il suo valore musicale puro che ha toccato punte elevatissime di innovazione e creatività: poi l’uso, salvo rare occasioni, del napoletano inteso proprio come lingua autonoma. A questo proposito un caso assolutamente unico resta la fusione operata da Daniele tra un certo slang americano e le espressioni più tipiche della città partenopea.

Oggi festeggiamo il compleanno di un altro mito della musica italiana: nato nel Quartiere Porto ,Pino Daniele primo di sei figli di un modesto lavoratore portuale, fin dall’adolescenza si appassiona alla musica e il suo stile appare già moderno ed innovativo fin dagli esordi, un mix unico di contaminazioni blues, funk, rock-jazz e i suoni tipici mediterranei.

I prodromi di questo nuovo suo fermento artistico sono già rintracciabili agli inizi degli anni settanta: sono gli anni in cui Napoli è una fucina di sperimentazioni musicali e di artisti  che negli anni s’imporranno nel panorama musicale italiano (Tullio De Piscopo, Tony Esposito, James Senese, solo per citarne alcuni).

Dopo il primo LP del 1978 “Terra Mia”, (di questo lavoro ricordiamo due capolavori come “Na tazzulella e café” e “Napule è”) per Pino avviene l’incontro che gli cambierà le sorti artistiche, ovvero quello con Willy David, con cui formerà un grande sodalizio umano ed artistico.

In questo periodo Pino tende alla ricerca del suono. I testi col passare del tempo passeranno dall’essere graffianti denunce dove è evidente l’oggetto della vis polemica, a liriche dove la materia del racconto sfugge dietro numerose allegorie e metafore.

Nonostante ciò però l’attaccamento alla città resterà un punto cardine della sua musica, a quei mali, ma anche alla quella disperata e rassegnata allegria tipica di Napoli.

Il secondo album “ Pino Daniele” (1979) conferma grazie soprattutto alla celebre “ Je so pazzo”, la presenza di una nuova realtà sulla scena musicale italiana, ma è nel 1980 che avviene l’esplosione artistica del musicista con il lavoro “ Nero a metà”, considerato da pubblica e critica un album semplicemente perfetto. La dimensione di Pino è con questo 33 giri, ormai ben definita: all’interno vere perle come “ I say” “ i sto ‘cca’” “ Quanno chiove” “ Alleria” e tante altre. I lavori successivi sono meno importanti rispetto al capolavoro del 1980, così in album come “ Vai mò” la sua musica appare più discontinua.

L’artista di questo periodo a cavallo tra la metà e la fine degli anni 80 è più votato ad una tendenza rock-jazz. Gli album  diverranno col tempo il pretesto per delle vere e proprie session internazionali a cui parteciperanno artisti del calibro di Alphonso Johson e Wayne Shorter.

I successi comunque non mancano e neanche i riconoscimenti del suo amato pubblico: album come “ Musicante” (1984), “ Ferryboat” (1985) “ Bonne soiree” (1987) , “Schizzichea with love” (1988), “ Mascalzone latino” (1989) ritrovano un cantautore molto ispirato, che riesce nella difficile fusione di elementi diversi tra loro: la musica napoletana tradizionale, il funky-jazz più eccitante e i sapori latinoamericani. Una contaminazione di stili e di culture che trovano in Pino Daniele un incredibile ed irripetibile comun denominatore.

Gli anni novanta dell’artista napoletano sono di grande spolvero artistico: “Un uomo in blues”” del 1990 ottiene un grande successo grazie a pezzi mitici come “O scarrafone” e “Leave a Message” .Nello stesso anno esce l’album “Sotto ‘ o sole”, con i brani “Quando” e “O ssaje comme fa ‘o core”

La consacrazione commerciale arriva con i due album successivi: “Non Calpestare i fiori nel deserto” (1995) e “Dimmi cosa succede sulla terra” (1997). Con il primo disco, Daniele dà una svolta alla propria carriera sviluppando un nuovo modo di comporre brani, allontanandosi dalle contaminazioni funky e dal dialetto napoletano per abbracciare sonorità più pop con forti influenze orientali e nordafricane, attingendo alle sue radici napoletane e mescolando il tutto con l’ormai consolidato stile blues.

Le contaminazioni con la tradizione musicale africana si sarebbero fatte ancora più evidenti nel successivo album di inediti “Medina,” del 2001.

Gli anni 2000 di Pino sono comunque sempre alla ricerca continua della sperimentazione e dell’originalità come nell’album “Passi d’autore” del 2004, dove tratteggi e coloriture jazz si alternano con composizioni dal sapore barocco. Altri lavori di questo periodo sono “Il mio nome è Pino Daniele e vivo qui” (2007), ed “Electric Jam” (2009),” La grande madre” (2012), dove Pino si dimostra come sempre estremamente attento alle sonorità del momento, cimentandosi col suo stile inconfondibile con altri stili musicali, come il Rap e l’Hip Hop.

Un artista fantastico come Pino Daniele ci manca tanto, ci manca soprattutto quel suo calore umano ed artistico, quella unicità impareggiabile che però abbiamo sempre la fortuna di riscoprire ogni volta che lo ascoltiamo. Auguri Pino!

Testo di Giuseppe Frascella