“YOU CAN DO IT!”
Al Cinzella Festival la Puglia s’innamora degli IDLES.

Ore 17. Delle Instagram Stories immortalano gli Idles a mare e subito dopo, a dispetto dei quaranta gradi, in giro per la litoranea jonica in una entusiasta scorribanda tra le vie di Talsano (frazione di Taranto).
Gli Idles sono tutti lì, semplici, crudi e sudati.
Poche ore dopo intorno alle 22:30 come da palinsesto, le Cave di Fantiano sono pronte ad accogliere finalmente uno dei fenomeni punk britannici più in forza nel momento; e che di forza si deve parlare è inequivocabile fin da subito. Come prevedibile Joe Talbot si presenta con aria disagiata e un po’ fuori luogo, con una camicia bianca a maniche corte e un pantalone che fa fatica a tenere sopra l’anca con la mano non impegnata dal microfono. Il chitarrista Mark Bowen però riesce a fare ancora meglio: una vestaglia azzurra copre delle mutande nere (o un costume da bagno), mentre già pregustava il momento in cui si lascerà andare sulla platea dei più coraggiosi.
L’ironia è un altro sorprendente elemento sorto dalla performance della band, ma non sarà l’unico.
Il pubblico è in estasi e s’incendia subito, non appena la band inizia a carburare con i brani chiave del disco “Ultra Mono”, mentre Joe Talbot, citando tra i tanti con piglio ironico il lottatore Conor Mcgregor, inizia a saltellare sul palco simulando un allenamento da corsa proprio come ritratto nel videoclip di Mr. Motivator https://youtu.be/YNCopmqsw1Q su un palco che diverrà unto da una serie di sputi (alla fine del live se ne conteranno almeno sette di una certa “rilevanza”).
La batteria di Jon Beavis è un martello e imponente almeno quanto la sua stazza https://www.instagram.com/p/CU3BuVZr79W/?igshid=YmMyMTA2M2Y=
che insieme al basso di Adam Levonshire, il meno scomposto del gruppo, sembrano il vero metronomo della band per tutto il live.
La performance scorre piacevolmente, e sorprendentemente senza interruzioni; ciò che infatti è risultato quasi anormale è stata la leggerezza con la quale il gruppo ha iniziato la sessione senza praticamente mai prendere fiato; in relazione a ciò la gola di Talbot dovrebbe essere oggetto di studi legati alle infiammazioni delle corde vocali. Il cantante riposa, si fa per dire, solo quando forte della complicità di Bowen, improvvisa una improbabile cover di “Viva forever” delle Spice Girls e “All I Want For Christmas Is You” di Mariah Carey, e quando per qualche secondo, intimandolo a suon di dolci parole tipiche del parlato comune inglese, riesce a tenere a cuccia il bollente pubblico del Cinzella Festival prima di farlo esplodere nuovamente.
Dopo un momento più intimo con la band che esegue dei brani meno frenetici e con Talbot che nasconde fin troppo la sua voce rendendo poco comprensibili le parole (forse l’unica sbavatura di una performance perfetta), Mark Bowen decide di lanciarsi sulla folla con la chitarra ancora collegata all’ amplificatore, ma riuscendo ad eseguire il tutto in maniera impeccabile.
Con questo però non si vuole lasciar intendere che la band ha offerto uno spettacolo prettamente d’intrattenimento. Gli Idles sono e sembrano desiderare ferocemente di essere considerati come una band politica, in tal senso a voce rauca e col capo teso al pubblico, Talbot urla i versi del brano “Mother”, tratto dal disco d’esordio: “My mother worked seventeen hours, seven days a week… Mother fucker!”.
La band chiude con una session dall’impatto sonoro impressionante, con le chiome della coppia di chitarre Bowen/Kiernan che svolazzano spinte da decibel forse mai registrati nelle cave, e con un “Grazie” all’Italia che non sa di banale formalità.
“You can do it! Yes we can!” ribadiva Joe Talbot durante il live. È evidente che agli Idles piace il nostro Paese; pubblico e organizzatori del Cinzella Festival hanno ricambiato questo amore nel migliore dei modi, scrivendo una pagina indelebile e incredibilmente punk della storia dei festival musicali del sud Italia.
Fotografie di Fabio De Vincentiis